Un argomento che genera spesso molte domande da parte di pazienti e, sopratutto, da parte dei genitori dei piccoli pazienti che soffrono di varie forme d’asma, riguarda l’indicazione a praticare sport anche a livello agonistico per questo tipo  di patologia.

Riportiamo sotto un post, pubblicato oggi sulla pagina Facebook Respiro Italia, del prof. Gennaro D’Amato che illustra i vari aspetti in proposito grazie alle sue competenze e dirette esperienze a fianco di sportivi agonisti.

 

 

ASMA INFANTILE e SPORT, BINOMIO POSSIBILE sotto guida Specialistica.

Per quel 10% di bimbi che soffrono di asma l’attività fisica, anche agonistica, non deve essere un tabù. Basta seguire le indicazioni degli specialisti, non avere paura di curarsi e tenere sempre sotto controllo gli episodi di crisi

Asma infantile e sport: a leggere i dati di due recenti studi, sembrerebbe un binomio in pericolo. Secondo le ricerche, infatti, i timori dei genitori sui possibili effetti secondari dell’asma sono infondati ed ostacolano la pratica sportiva nei bambini e adolescenti asmatici. La conseguenza è che la percentuale di soggetti sovrappeso oppure obesi è pari al 32,5% nei bimbi asmatici rispetto al 21,1% dei coetanei sani. Ma quanto c’è di veramente rischioso? Abbiamo posto il quesito al Prof. Gennaro D’Amato, chairman della Commissione su cambiamenti climatici, inquinamento atmosferico e allergie respiratorie della World Allergy Organization, nonché primo specialista al mondo a descrivere un caso di ‘asma da Facebook’ in uno studio pubblicato su Lancet. E primo in Italia, nel lontano 1998, a iniziare i trattamenti di soggetti asmatici con farmaci biologici. “Che si sono rivelati spesso dei salvavita”, rivela.

Professore, circa il 10% dei bambini italiani soffre di asma: le paure dei loro genitori rispetto agli sport sono giustificate?
Sentire talvolta anche colleghi che sconsigliano ai genitori la pratica sportiva del proprio figlio a causa dell’asma non mi trova d’accordo. Basti pensare che la rappresentanza olimpica italiana ha tra il 20 e il 30% di atleti asmatici, soprattutto negli sport acquatici, che sono quelli che più vengono consigliati a chi soffre di asma.

Ci sono esempi illustri?
Il primo che mi viene in mente è il grande campione Mark Spitz, che ottenne ben 7 medaglie d’oro alle Olimpiadi di Monaco nel 1972, battuto nel 2008 solo da Michael Phelps. Spitz è un testimonial, ha scelto di dire al mondo che anche chi è asmatico può diventare pluri-campione olimpico. Personalmente, ho avuto in trattamento vari ragazzi che hanno avuto ottimi risultati sportivi. Uno di loro, che ho parecchio incentivato a fare nuoto, un giorno si è presentato da me con la medaglia d’oro nazionale juniores.(Dalla letteratura si evicne che Tra i 597 atleti statunitensi che hanno partecipato alle Olimpiadi del 1988 di Seul, 67 soffrivano di asma da sforzo. Sono riusciti a conquistare 41 medaglie (15 d’ oro, 21 d’argento e cinque di bronzo) su un totale di 94)

C’è un altro ‘pallino’ diffuso tra i genitori: va bene solo il nuoto…
Per chi soffre d’asma sono indicati soprattutto gli sport acquatici. Anche se poi – vedo bambini da tanti anni – l’importante è che si muovano. Purché sempre sotto controllo specialistico e con adeguata prevenzione farmacologica. Tanto più se sono asmatici poli-stagionali.
Ho seguito per anni campioni olimpionici e mondiali. Il metodo di lavoro è semplice: si stila una tabella che gli atleti devono rispettare per ottenere l’autorizzazione a fare attività sportiva utilizzando solo i farmaci consentiti ed al dosaggio consigliato.

In che cosa consiste questa tabella?
Esistono numerosi farmaci per tenere a bada l’asma, consentiti , entro un certo dosaggio,anche agli atleti che praticano agonismo . In questo senso, fu famoso il caso di Miguel Indurain (nel 1994, anno della sua quarta vittoria al Tour de France, ndr), che venne bloccato perché nelle sue urine furono trovate tracce di broncodilatatori beta-due stimolanti in eccesso. Ora, lui era asmatico e usava il broncodilatatore ma ne assumeva in quantità maggiore del consentito pensando, erroneamente, che potesse migliorare i suoi risultati.
L’utilizzo di broncodilatatori e corticosteroidi per via inalatoria, invece, è possibile se rispettoso di quanto indicato dallo specialista, con l’autorizzazione del CONI o del medico sportivo. Allo stesso modo, non sono doping i broncodilatatori betastimolanti, i cortisonici inalatori e gli antileucotrieni, purché sotto indicazione medica ed entro certi livelli. E ci sono, anzi, alcuni atleti molto importanti nel nuoto italiano attuale che soffrivano di asma, ma grazie alle cure hanno raggiunto risultati incredibili. Su tutti, Federica Pellegrini.

Qualche esempio di un non nuotatore?
C’è Giorgio Di Centa, sciatore di fondo, che nonostante l’asma è riuscito a fare una carriera importante. L’unica accortezza, nel caso degli sport invernali, è quella di non inalare mai aria fredda direttamente dalla bocca. Anzi, persino l’attività fisica che prevede la corsa non è tutta da bandire. Ho seguito per anni Salvatore Antibo, grande fondista italiano, allergico ai pollini e quindi con la necessità di conoscere la concentrazione dei pollini allergenici nelle varie zone dove correva e soprattutto in primavera stava peggio per cui doveva adattare l’inalazione di farmaci antiasmatici a seconda della stagione e dei sintomi.

E il calcio?
Di solito è lo sport che più di frequente i bambini chiedono di poter praticare. Ai loro genitori dico: meglio di niente, anche se l’agonismo e l’attitudine alla vittoria tipici del calcio, se dovesse insorgere una crisi asmatica, potrebbero creare qualche problema. In questo caso a maggior ragione occorre una adeguata preparazione farmacologica sotto guida specialistica.

È vero che lo sport può far insorgere l’asma da sforzo?
Effettivamente uno sforzo fisico può favorire le crisi d’asma. Ma se un soggetto sa di avere questa patologia, con la protezione e la terapia non avrà problemi. Nell’infanzia utilizziamo spesso i farmaci antileucotrienici, che vanno benissimo per il broncospasmo da esercizio fisico e li associamo ai broncodilatatori ed ai cortisonici per via inalatoria in concentrazioni diverse a seconda dell’entità della sintomatologia.
Oltretutto, il bambino a un certo punto ha una tendenza naturale a correre: se gli capita di bloccarsi improvvisamente, magari poi si sente menomato, non capisce quel che gli accade e in futuro eviterà il più possibile di correre. Questo esito va evitato all’origine: va seguito, da un pediatra o da uno specialista, per evitare che possa succedergli.

È vero che il cloro delle piscine aggrava la patologia asmatica?
Dipende dalla quantità e dall’iperreattività del singolo. Tuttavia, esistono delle sostanze sostitutive del cloro. Poi, chiaro che una cosa è fare un’ora alla settimana in piscina, un’altra è allenarsi per le gare ore e ore. Ma dipende pure dalla quantità di cloro: se è razionalizzata e non eccessiva, in linea di massima non si registrano grossi inconvenienti. A volte può dare congiuntivite agli occhi, ma basta usare gli occhialini.

Come fa un atleta asmatico a riuscire a nuotare per ore, ogni giorno, in una vasca al chiuso in un ambiente umido?
È una domanda che mi fanno le mamme: professore, lei consiglia di fare piscina, ma… e l’umidità? Io rispondo che se l’asma è controllata, nuotare aiuta – soprattutto i bambini – ad ampliare la cassa toracica. L’umidità non rappresenta, in questo caso, un fattore di rischio. L’importante è che non si rimanga con i capelli bagnati o umidi una volta usciti dalla vasca.Il broncosmasmo insorge perché i bronchi di taluni bimbi, geneticamente iperreattivi, e quindi asmatici, essendo piccoli per l’età, tendono ad ostruirsi abbastanza facilmente. l’asma tende a regredire durante la pubertà, quando il torace si amplia, aumenta il calibro dei bronchi e si riduce il rischio che una crisi possa occluderli. E questa crescita toracica è fortemente favorita proprio dall’attività natatoria. Inoltre, nuotando il bambino si muove in modo armonico. Invece, ad esempio nella corsa, si è visto che le braccia compiono movimenti scomposti e quindi è più facile che insorgano episodi di crisi.

Allora gli sport di corsa, come il calcio, sono effettivamente da sconsigliare?
Meglio, in primis, le attività acquatiche. Poi, se proprio il bambino lo vuole, può anche praticare il calcio, ma sempre con protezione farmacologica e cercando di evitare di respirare a bocca aperta. E comunque mai fare jogging in una città inquinata, altrimenti la situazione peggiora.
Con la corsa, un rischio particolare lo corre chi soffre di rinite, perché una causa dell’asma è anche l’iperventilazione con inalazione di aria fredda che induce un assorbimento di calore, con abbasaa,mento della temperatura dei bronchi e conseguente stimolo dei recettori irritativi. Questo soprattutto quando si respira a bocca aperta, ossia quando i soggetti sono impossibilitati a respirare con il naso, perché otturato. La respirazione nasale infatti riscalda, umidifica e depura l’aria. In questo senso, anche per lo sci bisogna evitare le discese con la bocca aperta.

Ci sono altri suggerimenti particolari per le famiglie con un figlio asmatico?
Il consiglio più importante è quello di non sottovalutare mai la patologia. Proprio alcuni giorni fa, su una rivista scientifica internazionale, è uscito un lavoro realizzato da un gruppo di studio nazionale sulle malattie respiratorie di cui sono responsabile, in cui abbiamo fatto una verifica di tutti i decessi per asma. Non vorrei creare inutili allarmismi, per carità, però è incredibile dover constatare quanti ancora siano i ragazzi tra gli 11 e i 20 anni in Italia che muoiono a causa di crisi d’asma: centinaia di vite ogni anno che svaniscono.

Perché?
Purtroppo, non sempre questi soggetti vengono monitorati a dovere. Certo, non è facile: in genere si tratta di ragazzi che usano solo la classica bomboletta di broncodilatatore. Un palliativo che fa star meglio lì per lì, ma non è una soluzione curativa. Non getta acqua sul fuoco. E il fuoco che cova sotto la cenere può diventare pericoloso: si può ingenerare un episodio improvviso di crisi ostruttiva. Un paio di mesi fa abbiamo pubblicato una ricerca sulla ‘near-fatal asthma’, ovvero i tanti casi in cui bambini asmatici si sono salvati per un pelo.
L’asma è una patologia che va ‘dalla A alla Z’: può essere lieve e in questo caso, quando è curata per bene, di solito non dà problemi. Peraltro, anche i recenti vaccini antiallergici per via orale aiutano molto, anche se possono essere utilizzati solo da soggetti che non hanno una polisensibilizzazione. Se invece le crisi sono frequenti e importanti, va aumentata la sorveglianza, iniziando una terapia continua con corticosteroidi, ovvero i cortisonici per via inalatoria, fondamentali in questi casi.

Sono le famiglie a prendere sotto gamba il problema o ci sono situazioni in cui sbagliano i medici?
In alcuni casi sono i genitori che non comprendono la delicatezza della situazione. Ma in altre circostanze – a volte anche nei pronto soccorso – si sono registrati episodi di ragazzi asmatici che non sono stati trattati in modo adeguato. Per questo, raccomando sempre, se arriva un giovane in crisi asmatica grave, di abbondare con i cortisonici piuttosto che correre il rischio di perderlo. Anche uno o due grammi, se si tratta di ragazzi con 20 anni o più. Al di sotto di questa dose, i rischi di perdere il paziente sono troppo elevati. In questo senso, oggi c’è grande bisogno di fare comunicazione ed educazione, per le famiglie ma non solo.

Dunque il binomio bambini asmatici e sport è possibile. O no?
Certamente sì, ma sempre con l’accortezza del controllo farmacologico e facendosi seguire da uno specialista.

E il medico di famiglia?
In molti casi sono preparati ma con questa patologia, che talvolta può improvvisamente aggravarsi con conseguenze preoccupanti, è essenziale avere una perfetta conoscenza di come si comporta l’apparato respiratorio nei soggetti asmatici che presentano una iperreattività bronchiale che va tenuta sotto controllo. Ciò è possibile con un’adeguata prevenzione ambientale e farmacologica, includendo anche i vaccini antiallergici che , in somministrazione orale o sublinguale ed in associazione ai farmaci antiasmatici, hanno dimostrato di essere utili , sotto controllo specialistico, come iposensibilizzanti specifici, in soggetti che non abbiano però una sensibilizzazione a molti allergeni e non abbiano sintomi intensi.

 

Prof Gennaro D’Amato
Specialista in malattie dell’Apparato Respiratorio
Specialista in Allergologia ed Immunologia Clinica
Docente Universitario di Malattie Dell’Apparato Respiratorio.
già Primario di Pneumologia ed Allergologia Ospedale ad Alta Specialità A Cardarelli Napoli