INTERVISTA SUL TEMA “ALLERGIA AL GATTO”

La convivenza in ambito domestico tra il paziente allergico ed il suo amatissimo compagno a quattro zampe può risultare difficile a causa delle reazioni che si possono presentare più o meno frequentemente. Per fare chiarezza sull’argomento abbiamo chiesto aiuto alla dott.ssa Susanna Voltolini, medico specialista in allergologia, membro del Consiglio Direttivo Nazionale dell’Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri (AAIITO) e componente del Comitato Scientifico di ALA.

Dott.ssa Voltolini, in cosa consiste l’allergia al gatto?

Nella produzione di anticorpi specifici IgE rivolti verso uno o più allergeni prodotti dall’animale: il più noto e importante si chiama Feld1 ed è prodotto dalle ghiandole sebacee della pelle ma anche da quelle salivari, per cui è presente in tutti i derivati epidermici (forfora, pelo), nella saliva ma anche nelle urine del gatto. Nei soggetti sintomatici si possono avere manifestazioni a livello di occhi (congiuntivite), naso (rinite con sternuti, prurito, naso che cola e ostruzione), bronchi (tosse, sibilo, crisi di asma). L’allergene è di piccole dimensioni, molto volatile, trasportato anche passivamente dagli abiti e dai capelli, per cui si può considerare presente in molti ambienti, anche in assenza dell’animale. Le sue caratteristiche lo rendono inoltre particolarmente rischioso per i bronchi dove può penetrare facilmente provocando i sintomi di una aumentata reattività (tosse, sibilo da sforzo o da esposizione a irritanti), ma anche vere e proprie crisi asmatiche talvolta gravi.

Esistono razze di gatto che non generano reazioni allergiche o asmatiche?

Il gatto di razza siberiana e quello norvegese sarebbero naturalmente minori produttori dell’allergene maggiore Fel d1. Questo li può rendere più tollerabili da parte del soggetto allergico, purchè il suo grado di allergia non sia molto elevato e i sintomi gravi. In questo caso anche la piccola quantità di allergene prodotto da questi tipi di gatto può scatenare sintomi. La certezza sulla tollerabilità dell’animale si potrebbe avere soltanto con una prova di convivenza di almeno qualche giorno, fatta con gatti che siano in età adatta alla produzione di allergene, quindi oltre i 3 mesi di vita. Esiste poi la possibilità che il soggetto sia allergico ad uno degli altri allergeni del gatto, che potrebbero essere prodotti anche dai siberiani. In generale, l’animale femmina produce minore quantità di Fel d1, così come gli animali castrati.

Quali altri animali domestici possono provocare queste reazioni?

Tutti i mammiferi possono provocare allergia simile a quella dovuta al gatto, in particolare il cane e il cavallo, ma anche il criceto, il coniglio, la cavia, il topo, il furetto (tra gli animali domestici). Molto meno rischioso è avere in casa animali raramente sensibilizzanti come gli uccelli e i pesci (attenzione al cibo però).

In quali casi è sconsigliata la presenza di un animale domestico?

Quando un paziente ha già avuto sintomi importanti, in particolare asmatici, e/o una diagnosi precisa di allergia all’animale. Questi soggetti sono da considerare più a rischio di altri anche se decidono di cambiare l’animale (ad esempio di avere un cane o un coniglio invece del gatto). Esistono infatti alcuni allergeni comuni ai vari mammiferi, ad esempio la sieroalbumina, che possono spiegare il perché di sintomi nello stesso paziente scatenati da animali differenti. Oggi però la possibilità di eseguire esami di laboratorio più sofisticati di un tempo permette di inquadrare meglio il tipo di sensibilizzazione di ogni paziente e dare quindi indicazioni più precise.

Come ci si deve comportare per evitare problemi di reazioni?

Quando la convivenza con l’animale inizia nella prima infanzia, più raramente in seguito, si può svilupparsi una specie di “tolleranza immunologica” che consente al soggetto di non accusare disturbi importanti. Ciò a patto di seguire scrupolosamente le indicazioni dello specialista allergologo circa la terapia necessaria, differente in ogni caso, in particolare in occasione di crisi acute. Queste possono purtroppo manifestarsi anche dopo anni di apparente tolleranza e possono essere dovute a vari fattori: un periodo di allontanamento da casa, un aumento notevole del livello di allergene domestico dovuto alla presenza di più di un animale, oppure ad animali differenti dai propri. Anche un’infezione respiratoria intercorrente oppure la stagione pollinica, per chi è allergico anche ai pollini, possono rappresentare momenti di rischio particolare.

Si possono consigliare particolari norme igieniche da adottare in presenza di animale domestico in appartamento?

Nella pratica quotidiana, naturalmente il soggetto allergico deve evitare il contatto troppo stretto con l’animale (escluderlo dalla camera da letto), evitare di manipolare la cassetta dove il gatto deposita gli escrementi ed evitare di spazzolarlo perché in questa situazione l’inalazione diretta di allergene può essere elevatissima con il rischio di crisi respiratorie molto gravi. L’animale dovrebbe essere abituato ad avere spazi propri e in particolare a non salire su divani e letti. L’utilizzo di coprimaterassi e copricuscini in microfibra (quelli usati per gli acari) può aiutare a ridurre la penetrazione degli allergeni nei letti. Non ci sono invece prove della efficacia d’uso di prodotti chimici che vengono commercializzati allo scopo di ridurre la diffusione degli allergeni.

La Tabella riportata riassume le attuali raccomandazioni della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale.

Esistono dei vaccini per contrastare questo tipo di sensibilizzazione?

Come per gli altri allergeni causa di disturbi respiratori, esiste da anni anche per il gatto la Immunoterapia allergene specifica (AIT) che consiste nella somministrazione graduale e per lungo periodo di estratto allergenico, per via sottocutanea o per via sublinguale. Ciò allo scopo di ridurre il livello di allergia del soggetto, consentendo una migliore tolleranza alla esposizione specifica a quegli allergeni. I risultati del trattamento possono essere buoni ma sono molto variabili in base alle caratteristiche del soggetto e al livello di esposizione all’animale o a più animali: l’uso dei farmaci necessari, in particolare al controllo dell’asma, non va abbandonato anche dopo avere iniziato la terapia specifica, se non su consiglio dello specialista e dopo qualche tempo, passando attraverso una riduzione graduale. La AIT rappresenta comunque la vera terapia della allergia e quindi merita di essere iniziata nel paziente che presenta le caratteristiche adatte: quella per via sublinguale è ottimamente tollerata e può essere fatta a casa, con controlli periodici.